Come previsto. Oggi pomeriggio il presidente
dell'Aie Federico Motta ha incontrato l'assessore alla Cultura milanese Filippo Del Corno, e alla fine del conclave ha detto esattamente quello che prevedevo. Che il
progetto degli editori per farsi un nuovo Salone c'è, e Milano
è pronta a metterci i soldi; mentre invece “Torino è lenta”.
Il bello è che la strategia di Motta si fonda
su un bluff clamoroso. L'Aie non brilla sul piano organizzativo: a Roma fa Più Libri Più Liberi, una fiera della piccola editoria non precisamente sfavillante. Però Motta è uno che fa il grosso, anche se non lo è. Nell'ambiente non è troppo considerato, e dietro non ha la totalità degli
editori italiani, tutt'altro. I piccoli e i medi, ad esempio, preferirebbero in genere restare a Torino, perché i costi della trasferta milanese sarebbero
senz'altro maggiori. Però Motta ha dalla sua i due colossi,
Mondadori-Rizzoli e il gruppo Mauri Spagnol. E ormai basta un bluff, una semplice ghinassata, per
mostrare la debolezza di una Torino ormai ininfluente sotto qualsiasi
punto di vista, e destinata a risprofondare nell'antico ruolo di
quartiere periferico di Milano.
Con le mutande calate
Già: Motta non sarà una cima, ma ha capito che era giunto il momento perfetto per sferrare il colpo mortale che meditava già dalla crisi del settembre scorso. E ha colpito. Forte soprattutto dell'appoggio delle istituzioni milanesi, più pronte, determinate ed efficienti di quelle di Torino (e ci vuol poco, oggi come oggi).
Insomma, ci ha presi con le mutande calate.
Non credo che qualcosa sarebbe cambiato se ieri l'Armata Brancaleone si fosse presentata all'appuntamento dell'assemblea dei soci con un decente progetto di Salone, un presidente in pectore, una sede credibile. Ma arrivarci esibendo null'altro che rinvii, dilazioni, sprovvedutezze, insipienze è stato l'autogol definitivo: non soltato una figuraccia, ma soprattutto la prova d'inaffidabilità che serviva a Motta per andare all'incontro con Del Corno sventolandogli sotto il naso gli scalpi dei torinesi.
Non credo che qualcosa sarebbe cambiato se ieri l'Armata Brancaleone si fosse presentata all'appuntamento dell'assemblea dei soci con un decente progetto di Salone, un presidente in pectore, una sede credibile. Ma arrivarci esibendo null'altro che rinvii, dilazioni, sprovvedutezze, insipienze è stato l'autogol definitivo: non soltato una figuraccia, ma soprattutto la prova d'inaffidabilità che serviva a Motta per andare all'incontro con Del Corno sventolandogli sotto il naso gli scalpi dei torinesi.
Decrescita sicuro, felice vedete voi
A questo punto i nostri genii possono
prendersi tutto il tempo che vogliono: sotto l'ombrellone potranno ad
esempio elaborare una nuova idea di “Salone del Libro” (perché
il nome, quello almeno, ce lo terremo, spero) da decrescita felice,
piccolo, partecipato e molto vicino alla gente. Magari non proprio
una rassegna di scrittori autopubblicati, però: dovremmo pur sempre
giocarcela almeno nello stesso campionato della Grande Invasione di
Ivrea, Autori in città di Cuneo e Libri in Nizza (Monferrato).
And the president is...
Quanto al presidente della Fondazione
(Fondazione de che, ormai?), mi pare che - alla luce dell'odierno show
milanese del duo Motta-Del Corno - la questione perda qualsiasi rilevanza. Ma se vogliamo sfidare la ragione e immaginare ancora un futuro Salone Internazionale
del Libro di Torino, qualcuno dovrà darsi da fare, spremersi quel
tot di meningi che si ritrova e partorire un nome credibile ben prima
del 28 luglio (data scelta, presumo, pensando alla seminale canzone degli Squallor che prospetta un ulteriore scivolo di
dieci giorni).
Io ci ho messo ventinquattr're, per arrivarci. Io che non
sono presidente, assessore e men che meno sindaco, e non ho in
dotazione le loro menti possenti e la loro enciclopedica cultura. Eppure, impegnandomi, in ventiquattr'ore un'idea è venuta persino a me; quindi si può fare.
Domani ve la dico. Voglio lasciare
ancora un po' di tempo ai nostri Pisoli per approfondite riflessioni.
Magari ci arrivano persino loro.
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