Gragnuole di mail, ragazzi. La notizia che la Fiat prende e va ispira i nostri politici. I più manifestano costernazione e stupore (ehi, la Fiat prende e va, ma chi se lo sarebbe mai aspettato?), tutti lanciano accorati appelli, e in genere danno l'impressione di essere stati colti, come al solito, con le braghe calate.
Ad ogni modo, questo blog si assume il compito noioso, ma irrinunciabile ai fini della completezza informativa, di riportare un florilegio delle dichiarazioni dei nostri rappresentanti. Complete di moniti, impegni, indignazioni e ditini alzati, che non mancheranno di intimorire tremendamente il povero Marchionne.
Ecco dunque alcuni dei messaggi più significativi che arrivano dalla nostra classe politica in queste ore difficili e concitate..
Guido Crosetto (Fratelli d'Italia) è assertivo e disilluso: "La Fiat porta la sede legale in Olanda e la sede fiscale in Gran Bretagna. E tutti plaudono al fatto che l’azienda sia diventata globale. Io sono il primo ad essere felice quando un’azienda cresce, ma lo sono in modo diverso se si tratta di un’azienda che dà lavoro in Italia rispetto ad una che lo dà in Polonia o in Cina. Oggi non mi pare che ci sia nulla di cui essere felici anche perché se una qualunque azienda nata in Italia trova conveniente trasferirsi in Olanda o in Gran Bretagna, e cioè in due Paesi Ue, non in paradisi fiscali, significa che nel Paese mancano i requisiti minimi per consentire l’attività d’impresa. Per questo trovo assurdi gli applausi di Letta, Fassino ed altri. Cosa c’è da applaudire? La Fiat ha portato un altro 'scatolone' fuori dall’Italia e poco per volta il trasloco rischia di essere irreversibile". Per la serie: "Crosetto, che cominciava ad avere un presentimento...".
Sempre da Fratelli d'Italia, particolarmente scatenati sull'argomento, arriva il meglio della giornata. Ne è autore Roberto Ravello: "Nel
potpourri geografico e finanziario che caratterizza la nuova Fiat
Chrysler Automobiles (vedete le nefaste conseguenze del meticciato? Ndr) è quasi tutto definito: sede legale in Olanda,
sede fiscale in Gran Bretagna e quotazione tra Milano e New York.
Peccato che un’azienda non sia fatta solo di escamotages
tecnico-contabili e di sparate mediatiche in pillole: una realtà come
Fiat è fatta soprattutto di storia, di territorio e di uomini.
Italia e Fiat sono legate a doppio filo e sarebbe un errore grossolano
perdere, o peggio calpestare l’italianità del Lingotto. Faremo
presentare a tutti i nostri eletti un ordine del
giorno per ribadire con forza la necessità di preservare l’italianità
di Fiat, assicurando altresì investimenti produttivi adeguati e piani
occupazionali ben definiti. Un appello trasversale affinché il
poliglotta Marchionne (ecco l'origine di tutti i mali: Marchionne sa le lingue. Ndr)
non dimentichi completamente le proprie radici. E qui mi preoccupo:
Marchionne è nato a Chieti, a 14 anni si è trasferito in Canadà, è
cittadino canadese e risiede in Svizzera. Se pensa alle sue radici,
Torino è fregata.
Poi c'è chi la butta sul rinfaccino ("con tutti i soldi che vi abbiamo dato") che trascolora nel com'eravamo malincolico. Un fuoriclasse del comunicato stampa, Agostino Ghiglia (Fratelli d'Italia), si esibisce in un'appassionata filippica: "Apprendiamo
che senza alcuna preoccupazione del sindaco Fassino - occasionalmente
primo cittadino della Città in cui nacque la Fiat
- e con il plauso dell'ex-sindaco Chiamparino - artefice del
dissennato acquisto di parte di Mirafiori, che portò alla costituzione
della società Tne con cui vennero regalati a Fiat 75 milioni di euro -
la Fiat trasferirà la sede legale in Olanda e quella
fiscale in Gran Bretagna.... Quello che ci preme sapere, però, è dove
sarà allocata la sede produttiva principale visto che, da anni, ci viene
promesso il rilancio della sede torinese con la previsione di
fantasmagorici nuovi modelli cui fa seguito il nulla... Chiamparino giocava a scopone con Marchionne, che gli faceva vincere le
partite ma si faceva donare 75 milioni in cambio della promessa di
rimettere in produzione 800 cassaintegrati ma, oggi, di Mirafiori cosa
rimane e, soprattutto, cosa ne sarà? Siamo contenti e, da Italiani e Piemontesi, anche orgogliosi che la Fiat
sia divenuta un soggetto mondiale e auspichiamo lauti guadagni per gli
azionisti: ma il lavoro? La manifattura? Ci auguriamo che dopo aver brindato con Cherry e Stroopwafels, l'ing.
Marchionne pensi anche al territorio e al futuro dei figli di 'Pautas' e
di quelli che negli anni '50 vennero chiamati i 'baracchini', ossia
quelle generazioni di operai che, portandosi,
il cibo da casa costruirono le basi dell'odierna soggetto mondiale". Oh basta là.
Nella Lega Nord le posizioni si diversificano. Stefano Allasia la prende molto tecnica, ed esige "un’audizione
urgente dei ministri Zanonato e Saccomanni, da calendarizzare alla
prossima capigruppo, dopo l’ufficializzazione del nuovo assetto
aziendale di Fiat Chrysler
Automobiles. I
ministri vengano in Aula a relazionare sui futuri
livelli occupazionali del Paese e sulle ripercussioni, fiscali e
salariali, che si avranno
a seguito dei trasferimenti all’estero della sede sia legale che
fiscale della casa automobilistica torinese. Zanonato
e Saccomanni dovranno anche spiegarci
come intenderanno superare il non secondario problema della prossima
scadenza della
cassa integrazione per 1400 dipendenti del gruppo, prevista per marzo”. Mario Borghezio, invece, si appella nientemeno che ai valori della Resistenza: "Per
noi torinesi questo è uno strappo
inaccettabile, tanto più nel ricordo di quei partigiani che a Torino
difesero gli impianti Fiat con le armi in pugno". Questa è suggestiva. Spero di vivere abbastanza per vedere il compagno Borghezio che difende gli impianti di Mirafiori con le armi in pugno.
Angelo Bonelli (Verdi), beh, sapete come sono i Verdi? Precisini, secchioni, composti... Lui la butta sulla cultura, come si può dedurre dall'uso di espressioni auliche e a tratti poetiche come "rimpianguare", "stato britannico", "malcelata sudditanza" e "frutto proibito": "Dopo 7,6 miliardi di euro di
contributi concessi dal 1977 ad oggi, senza considerare gli
ammortizzatori sociali come la cassa integrazione di cui ha usufruito
negli anni, la Fiat ha deciso di dare il ben servito all'Italia
e agli Italiani andando a rimpinguare le casse dello stato britannico.
Rispetto a questa vicenda il governo che dice? Se è vero che questa
decisione della Fiat mostra il volto del capitalismo
assistito che dopo aver spremuto l'Italia non si fa alcuno scrupolo ad
abbandonarlo è vero anche che le scelte della Fiat sono il risultato
della debolezza dei governi che si sono succeduti e che sono stati
incapaci di indicare scelte di politiche economica
così come ha fatto Obama che ha imposto a Fiat-Chrysler di produrre un
milione di auto elettriche puntando sull'innovazione. I governi italiani invece di
indirizzare le scelte della Fiat le hanno subite mostrando una malcelata
sudditanza (malcelata? Ndr) alle decisioni di Marchionne. Il risultato ora è sotto gli
occhi di tutti e nasconde un frutto avvelenato. Chi sceglie di spostare la sede fiscale
dall'Italia a Londra per pagare meno tasse avrà scrupoli a delocalizzare
per pagare di meno i lavoratori? A questi interrogativi urgono risposte
del governo". Ah sì, urgono.
Monica Cerutti (Sinistra Ecologia e Libertà) chiarisce subito di non voler "banalizzare la discussione nel merito" e minaccia la calata dell'industria straniera: General Motos (i concorrenti americani della Chrysler, tiè!) e Volkswagen (ma come la prenderà Borghezio con la difesa degli impianti armi in pugno, per l'appunto contro i tedeschi?). Apprezzabile, della Cerutti, anche l'incipit che ci mette di fronte a una sconvolgente verità: "Purtroppo non possiamo dirci sorpresi dalla direzione che oggi i vertici
della Fiat hanno annunciato di voler intraprendere", scrive. Ah, ma allora sapevano! Ecco il seguito del messaggio ceruttiano: "Da anni
stanno lavorando ad una graduale delocalizzazione delle attività dalla
nostra città. Buona parte della classe politica
del nostro Paese si è resa complice di questa operazione sia perché non
ha contrastato questo progetto, sia perché non è stata in grado di
fornire buone ragioni all'azienda per rimanere in Italia. Non siamo assolutamente d'accordo con chi, banalizzando la discussione
nel merito, afferma che l'importante sia mantenere a Torino i siti
produttivi perché abbiamo dei dubbi sulle ripercussioni che avrà questa
decisione sul nostro Paese dal punto di vista fiscale;
sulle ripercussioni che avrà dal punto di vista contrattuale sui
lavoratori; perché temiamo che il fatto che l'azienda ora non debba più
dare conto esclusivamente a Torino e al nostro Governo possa avere
ripercussioni negative sulla contrattazione sindacale
peggio di quanto è accaduto già. Siamo convinti che adesso la politica nazionale e regionale debba porsi
la priorità di rivedere il sistema automobilistico piemontese
nell'esclusivo interesse dei lavoratori. Il distretto dell'automobile
torinese è troppo importante per essere lasciato a un
destino incerto: si faccia il possibile per aprire realmente il mercato
della nostra provincia e regione anche a investitori stranieri come
General Motors e Volkswagen ad esempio.
Il prossimo Governo regionale avrà davanti un compito arduo, ma
fondamentale: rivedere il sistema industriale dell'automobile piemontese
favorendone il rilancio con o senza Fiat".
Ecco, il compito arduo e fondamentale. Certo fondamentale. E forse un po' troppo arduo, per i nostri politici. Benché laico, mi tornano alla mente quei versi immortali: "Proviamo anche con Dio, non si sa mai". E chiudo quindi con Cesare Nosiglia (arcivescovo): "Le scelte di Fiat, ovviamente legittime e prese nell'autonomia e responsabilità degli azionisti e dei dirigenti, vanno viste da noi prima di tutto nella prospettiva della città e del suo territorio. Se è fondamentale che il gruppo continui a mantenere qui una base produttiva e occupazionale, è ugualmente importante che a Torino rimangano i centri di progettazione e ricerca che hanno maturato, in oltre un secolo, una cultura dell'automotive di livello mondiale, e che costituiscono anche oggi un patrimonio di conoscenza, personale qualificato, aziende specializzate che non si può e non si deve disperdere. In questo senso la costituzione di un gruppo mondiale rappresenta una sfida precisa al territorio torinese e alle sue istituzioni: è il momento di dimostrare che siamo in grado di creare le condizioni idonee per essere e rimanere attrattivi per tutto quanto riguarda il contesto in cui l'azienda deve lavorare: infrastrutture di trasporto, reti di comunicazione, capacità di offrire sistemi di accoglienza adeguati. Mi pare che oggi la vocazione produttiva, oltre che nel mantenimento dei posti di lavoro diretti e indotti e nella ripresa delle produzioni in particolare sulle linee di Mirafiori, vada progettata e realizzata in un contesto più ampio di condizioni favorevoli che, io credo, la città di Torino e il suo territorio sono in grado di garantire".
Ite, missa est. E che Iddio ce la mandi buona.
Ad ogni modo, questo blog si assume il compito noioso, ma irrinunciabile ai fini della completezza informativa, di riportare un florilegio delle dichiarazioni dei nostri rappresentanti. Complete di moniti, impegni, indignazioni e ditini alzati, che non mancheranno di intimorire tremendamente il povero Marchionne.
Ecco dunque alcuni dei messaggi più significativi che arrivano dalla nostra classe politica in queste ore difficili e concitate..
Guido Crosetto (Fratelli d'Italia) |
Guido Crosetto (Fratelli d'Italia) è assertivo e disilluso: "La Fiat porta la sede legale in Olanda e la sede fiscale in Gran Bretagna. E tutti plaudono al fatto che l’azienda sia diventata globale. Io sono il primo ad essere felice quando un’azienda cresce, ma lo sono in modo diverso se si tratta di un’azienda che dà lavoro in Italia rispetto ad una che lo dà in Polonia o in Cina. Oggi non mi pare che ci sia nulla di cui essere felici anche perché se una qualunque azienda nata in Italia trova conveniente trasferirsi in Olanda o in Gran Bretagna, e cioè in due Paesi Ue, non in paradisi fiscali, significa che nel Paese mancano i requisiti minimi per consentire l’attività d’impresa. Per questo trovo assurdi gli applausi di Letta, Fassino ed altri. Cosa c’è da applaudire? La Fiat ha portato un altro 'scatolone' fuori dall’Italia e poco per volta il trasloco rischia di essere irreversibile". Per la serie: "Crosetto, che cominciava ad avere un presentimento...".
Roberto Ravello (Fdi) |
AgostinoGhiglia (Fdi) |
Mario Borghezio (Lega Nord) |
Stefano Allasia (Lega Nord) |
Angelo Bonelli (Verdi) |
Monica Cerutti (Sel) |
Ecco, il compito arduo e fondamentale. Certo fondamentale. E forse un po' troppo arduo, per i nostri politici. Benché laico, mi tornano alla mente quei versi immortali: "Proviamo anche con Dio, non si sa mai". E chiudo quindi con Cesare Nosiglia (arcivescovo): "Le scelte di Fiat, ovviamente legittime e prese nell'autonomia e responsabilità degli azionisti e dei dirigenti, vanno viste da noi prima di tutto nella prospettiva della città e del suo territorio. Se è fondamentale che il gruppo continui a mantenere qui una base produttiva e occupazionale, è ugualmente importante che a Torino rimangano i centri di progettazione e ricerca che hanno maturato, in oltre un secolo, una cultura dell'automotive di livello mondiale, e che costituiscono anche oggi un patrimonio di conoscenza, personale qualificato, aziende specializzate che non si può e non si deve disperdere. In questo senso la costituzione di un gruppo mondiale rappresenta una sfida precisa al territorio torinese e alle sue istituzioni: è il momento di dimostrare che siamo in grado di creare le condizioni idonee per essere e rimanere attrattivi per tutto quanto riguarda il contesto in cui l'azienda deve lavorare: infrastrutture di trasporto, reti di comunicazione, capacità di offrire sistemi di accoglienza adeguati. Mi pare che oggi la vocazione produttiva, oltre che nel mantenimento dei posti di lavoro diretti e indotti e nella ripresa delle produzioni in particolare sulle linee di Mirafiori, vada progettata e realizzata in un contesto più ampio di condizioni favorevoli che, io credo, la città di Torino e il suo territorio sono in grado di garantire".
Ite, missa est. E che Iddio ce la mandi buona.
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