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INCONCLUDENZA E BUONE INTENZIONI: PACATI RAGIONAMENTI SULL'AGONIA DELLA CULTURA

Francesca Leon e Vittoria Poggio: ovvero, tra il dire e il fare
In un articolo pubblicato oggi sul Corriere mi sono permesso di sintetizzare alcuni concetti che nei giorni scorsi ho sparsamente illustrato qui sul blog a proposito di ciò che gli assessorati alla Cultura dicono di fare a sostegno del settore; e di ciò che in realtà fanno.
Tanta insistenza da parte mia non deriva da spirito persecutorio nei confronti di due stimabili dame: ma viene invece corroborata dall'ossessività con cui i nostri amministratori condominiali evocano ad ogni piè sospinto la collaborazione e la partecipazione e la  consultazione e una sequela di altre zione da parte dei cittadini-elettori-datori di lavoro, sicché mi sento stimolato a zionare anch'io.
Devo però ammettere che comincio ad avvertire una certa avversione - che forse trapela da alcuni miei scritti - nei confronti di un utile ed umile arredo domestico che accompagna l'uomo fin dai primi barlumi della civiltà, e che adesso la civica amministrazione mi ha reso odioso a furia di citarlo compulsivamente, ininterrottamente e sempre fuori contesto. 
Sono una persona civile e dotata di autocontrollo: ma, per sicurezza, se mi incontrate non lasciatevi sfuggire la parola "tavolo".
L'articolo comincia così:

L'ho scritto infinite volte, negli ultimi mesi: la cultura e lo spettacolo hanno patito, quanto e più di altri comparti produttivi, le nefaste conseguenze della pandemia; e continueranno a patirle anche nell'incerta fase 2.
Ma al male comune se ne aggiunge uno specifico di Torino, dove le politiche del settore - gli assessorati alla Cultura, per intendersi - sono negativamente condizionate da due avversità dipendenti dal fattore umano: inconcludenza e buone intenzioni...

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