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LA GRANDE PURGA DEI FESTIVAL: TODAYS LA SFANGA, IL JAZZ LO VEDO MALISSIMO

Foto della serie Le belle tradizioni di New Orleans: il Jazz Funeral
Sapete benissimo che il Torino Jazz Festival m'è sempre stato sulle corna, per svariati motivi che non sto qui a ripetervi. Però c'è modo e modo, e c'è la civiltà dei comportamenti. Ecchediamine.
Il Tjf è un festival della città, che in cinque anni ci ha investito una cifra; e altre somme ancor più consistenti le hanno investite gli sponsor; e insomma, dopo cinque anni cominciava a funzionare, per merito soprattutto di un ottimo direttore, Stefano Zenni. Magari non faceva paura a Umbria Jazz, come si bullava Zenni, però qualche risultato si intravvedeva.

Un festival in via d'estinzione?

Uso il passato perché, a oggi, per quel che è dato di capire, il Torino Jazz Festival è sulla via della dismissione. E anche qua: scrivo "per quel che è dato di capire" perché di ufficiale non si sa niente: Torino è la prima grande città italiana che ha ritenuto superfluo dotarsi di uno specifico assessorato alla Cultura (scorrete pure l'elenco delle deleghe agli assessori: il sostantivo "cultura" non compare mai, come massimo sforzo fa capolino qua e là un timido aggettivo "culturali"), e di conseguenza uno che si occupa di cultura non sa bene a chi rivolgersi, per informarsi. Ci sono tre possibili referenti, tutti e tre problematici. Ve li elenco:
1) L'assessore alle Fontane è gentile e sorridente, ma quando le chiedi qualcosa ti risponde sempre che "stanno studiando i fascicoli", così non le chiedo più niente ma comincio a domandarmi se non è il caso di fare una colletta per iscriverli tutti al Cepu, così si sbrigano a terminare gli studi e cominciamo a quagliare.
2) Quanto a madamin Appendino, in campagna elettorale diceva che il Jazz Festival è il paradigma del "Grande Evento che non porta ricadute sul territorio", e quindi va chiuso, ma quello che si dice in campagna elettorale è un conto, quello che si fa davvero e un altro,. Servirebbe un segnale esplicito, dato che i festival non si chiudono, normalmente, con la regola del "silenzio-dissenso"; però adesso Madamin è tutta presa dai funerali del Salone, e vorrei mai che si distraesse. 
3) Ci sarebbe poi il sindaco, ok, ma io sono un tradizionalista e preferisco rapportarmi con chi abbiamo eletto. Pertanto sono costretto ad andare a sensazioni. E la sensazione è che il Torino Jazz Festival sia messo male.

E la Fondazione? Ah già, la Fondazione...

E' messo male, il povero Tjf, perché Madamin Appendino diceva che l'avrebbe chiuso; e perché è una creatura della premiata ditta Fassino-Braccialarghe, come il Classical Music e Todays, e ciò lo candida d'ufficio alla soppressione. Non bastasse, il Tjf è, come gli altri due, organizzato dalla Fondazione Cultura, che la nuova giunta vuole chiudere, cioè no, cioè sì ma entro il quinquennio, cioè stanno studiando il fascicolo, cioè il sindaco vuole chiuderla ma Appendino forse comincia ad avere qualche dubbio e intanto il consigliere d'opposizione Fassino manco a dirlo si oppone; e 'sta storia della Fondazione Cultura sta diventando il terzo segreto di Fatima alla bagna cauda; però della faccenda magari mi occuperò in un altro post, e penso che sarà faticoso scriverlo venendo a capo di qualcosa, ma ogni giorno ha la sua pena e non vorrei divagare, torniamo al Jazz Festival.

E chiamatelo, 'sto povero Zenni...

La questione sta così: la sesta edizione del Tjf si dovrebbe tenere la primavera prossima, e un festival non è una grigliata tra amici, che la organizzi due giorni prima con un giro di telefonate. Quindi il direttore Stefano Zenni aspetta istruzioni, se deve partire o meno. Capirai, se comincia a prenotare gli artisti, firmare i contratti e prendere impegni, e poi non se ne fa nulla, quelli capace che s'incazzano; e finisce che le penali deve pagarsele Zenni di tasca propria, e non credo che sia la sua massima ambizione. Quindi Zenni aspetta di essere contattato da Palazzo Civico, e guarda il telefono come quello che la fidanzata gli ha detto ho bisogno di stare un po' da sola e riflettere poi ti chiamo io, ed è partita per una vacanza in Grecia "con un'amica". A dire il vero, mi risulta che un altro dell'organizzazione, uno che sta a Torino, si sia mosso per capirne qualcosa. Gli hanno detto che deve parlare con il sindaco, che tanto dipende da lui. Il postulante ha chiesto udienza, ma finora senza esito.
Ieri, girellando a Palazzo Civico, ho raccolto un po' di voci di corridoio. Tutti danno per spacciato il Jazz Festival. Ma non è cosa, girellare a raccogliere voci di corridoio. Qualcuno, dall'isoletta greca, potrebbe dare un colpo di telefono al povero Zenni e dirgli di che morte deve morire?
Che poi: non credo che mi incatenerò sotto il monumento del Conte Verde per salvare il Torino Jazz Festival. Sarei incoerente. Però, ripeto, c'è modo e modo. E soprattutto, se cancellano il Tjf, devono dirmi con quale figata galattica lo sostituiranno; perché se lo chiudono e stop il Comune risparmierà i 200 mila euro che investiva di tasca propria nella comunicazione; ma dovrà essere capace di non perdere gli sponsor che pagavano i restanti 800 mila, dirottandoli su altre iniziative più in linea con il sentire della nuova amministrazione, però allettanti sul piano dell'immagine e della promozione, poiché dubito che Toyota sia interessata a finanziare i giovani artisti del territorio. Quindi, chiudano se vogliono il Tjf, però dicano qual è il piano B: e lo dicano contestualmente, perché il tempo degli studi è finito, comincia la sessione d'esami.
P.S. Potrà interessare a lorsignori apprendere che a Milano - guarda caso - hanno testè annunciato che si fanno il loro jazz festival. Anzi, per dirla con parole loro, "Dopo vent'anni Milano torna capitale del jazz". Il festival si chiamerà JazzMi, e dal 4 novembre proporrà 320 artisti, 80 concerti, 25 eventi. Milano rules, e Torino suca.

Todays, la prevalenza della periferia

Intanto, ieri in Commissione cultura hanno studiato il fascicolo di Todays, nel senso che sono stati ascoltati il direttore del festival Gianluca Gozzi, nonché la solita Larotella. Come sapete, a me Todays non piace, ma me ne sono fatto una ragione. E ho ammirato Gozzi - che è un filone pirotecnico - per l'appassionata descrizione che ha offerto del suo festival, abilmente farcita di parole come "periferia", "aggregazione", "condivisione", "valorizzazione del territorio", "partecipazione". Da applausi "periferia che non è culturale ma geografica" e "festival che riconosce l'energia di Barriera di Milano": hanno mandato i consiglieri grillini in brodo di giuggiole.
Aggiungi che Todays è, in effetti, una creatura di Fassino, ma ultimamente Fassino aveva manifestato una certa disaffezione, e ciò non può che favorire Todays agli occhi pentastellati. 
Conclusione: Todays promosso. Senza nemmeno questionare sui conti, che in passato avevano stimolato veementi interpellanze appendinesche. Io però i conti ve li riporto: Todays dichiara di aver avuto in tre giorni trentamila spettatori, "di cui il 38 per cento da fuori Torino"; il costo totale è 576 mila euro, di cui circa 290 mila coperti dalla biglietteria (133 mila euro) e dagli sponsor; centomila euro il contributo della città; la differenza, circa 186 mila euro, è stata coperta dalla Fondazione Cultura con fondi propri. Aggiungo che quest'anno la dotazione di MiTo è scesa da 1,3 milioni a 900 mila euro.

La voce dell'opposizione

Aggiungo, per completezza di cronaca, che il consigliere d'opposizione Roberto Rosso, l'uomo che volle farsi sindaco, grazie alla Commissione cultura ha scoperto Todays, e ne è stato conquistato; per cui ha chiesto all'assessore alle Fontane "se l'amministrazione pensasse di creare un calendario delle manifestazioni per informarne i cittadini", aggiungendo, con un tocco cosmopolita, che "a San Francisco ci sono, quegli strumenti, ti dicono ogni giorno cosa succede".
Si chiamano giornali, consigliere Rosso. Oggi, meraviglia della tecnica, anche "siti".

Commenti

  1. se chiudono sto festival della minchia faccio festa 15 giorni, a Novara costa 150 mila euro ed è 10 volte più interessante: se Zenni facesse suonare gli Incognito dalle sue parti gli brucerebbero la casa...

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  2. Trovo disdicevole la decisione di non rifare il TJF, e spero che venga eventualmente ripensato in maniera diversa. Ma del TJF non mi piaceva la selezione dei grandi concerti e la formula usata, con tanti piccoli concerti, magari interessanti, sovrapposti; mentre quelli "di grande pubblico" raramente sono stati di reale interesse per chi frequenta il jazz. La penultima serata, con l'orchestra giovanile è stata a mio avviso penosa; l'ultima con una sequela di concerti veramente poco interessanti. Emblematica la chiusura con gli Incognito che col jazz non c'entrano ben poco. Tra l'altro, 10 giorni erano veramente tanti, meglio 5 giorni con meno concerti e più qualità. A Stresa in tre giorni sono arrivati musicisti come Carla Bley che lo hanno reso di alto livello e fatto impallidire il TJF.

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