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DI MERCATI, DI IMPERI E DI CALCI IN CULO: LE TORMENTOSE NOZZE DI CIRCOLO E SALONE

C'eravamo tanto amati. Il cast dell'ultimo psicodramma del Salone: Leon, Lagioia, Bray, Appendino, Rebola, Chiampa, Larotella, Beatrice, Parigi
Si vede che era destino. Ieri il presidente Beatrice e il Consiglio d'amministrazione del Circolo dei Lettori si sono dimessi "per permettere di costituire una nuova governance che rispecchi i nuovi obiettivi". Ovvero, per lasciare la poltrona libera a Massimo Bray, che dovrebbe passare dalla presidenza della defunta Fondazione per il Libro alla presidenza del Circolo nuovo titolare unico dell'organizzazione del Salone dopo la fuga all'inglese del Comune e la conseguente uscita di scena della Fondazione Cultura.
In pratica, da ieri il Salone del Libro cessa di esistere come entità autonoma e diventa - a prescindere dalla forma giuridica che escogiteranno - null'altro che una delle manifestazioni curate dal Circolo. Tipo "Torino Spiritualità", per intenderci.

Il fantasma dell'unione

Erano almeno quattro anni anni che il fantasma dell'unione fra il Salone del Libro e il Circolo dei Lettori  s'aggirava per Torino, emanava dalle stanze del potere vagolando senza pace tra piazza Castello e piazza Palazzo di Città, tra via Bogino e il Lingotto, ora invocato, ora temuto, e sempre senza pace.
I termini del progetto mutavano con il mutare dei progettisti, delle circostanze, delle ambizioni: dapprima s'immaginava un Salone "imperiale" - il Salone trionfante di Rolando Picchioni - che annetteva il Circolo; poi prevaleva la visione "panlibrista" e razionalizzatrice  dell'essessore Parigi; in un turbino di protocolli d'intesa, di spartizioni di compiti e vocazioni, di reciproci sospetti, di vagheggiate coabitazioni; con l'assillo costante dei due ritrosissimi promessi sposi su chi sarebbe il conquistatore, e chi il conquistato.
E' finita così, con il Circolo che annette il Salone, proprio quando la tribolata unione sembrava ormai relegata nel vasto magazzino dei progetti perduti. E adesso, povera gente, che altro accadrà?

La cordata dei privati

Intanto dovremo vedere cosa ne sarà del marchio e delle strutture del Salone, che dovranno essere venduti dal liquidatore. I maggiori creditori dell'ex Fondazione - Gl Events, Eventi3 e P&P - hanno preparato una proposta per acquistarli in blocco, e gestire direttamente tutti gli aspetti tecnici e commerciali della manifestazione. Qui la partita è apertissima, e sono strasicuro che ne vedremo delle belle. Ma ogni giorno ha la sua pena. Adesso pensiamo alla governance.

Lagioia resta. Salvo sorprese

Alla direzione del Salone dovrebbe restare Nicola Lagioia: scrivo "dovrebbe" perché a oggi, 28 giugno, non mi risulta sia stato rinnovato il suo contratto, che scade il 30. Gli hanno garantito che è una pura formalità: appena sarà firmata la convenzione fra Regione e Comune (quella, per intenderci, con cui il Comune si impegna a finanziare per la sua parte il Salone), il Circolo provvederà alla contrattualizzazione. Si parla di metà luglio. Incrocio le dita. Come Nic si coordinerà con la nuova struttura, con il personale e la direzione del Circolo, lo scopriremo soltanto vivendo. Lui, ovviamente, vorrebbe continuare il lavoro con il suo vecchio staff, i dipendenti dell'ex Fondazione. Ma di questo dico più avanti.

Beatrice fuori: è il prezzo dell'accordo

Al Circolo dei Lettori per ora non si prevedono terremoti. Il presidente Luca Beatrice esce di scena a pochi mesi dalla scadenza del suo secondo mandato, con gli onori dovuti a chi ha bene interpretato il ruolo, e non ha avuto timore di esporsi quando s'è trattato di difendere il lavoro dei suoi. Se ne va senza piantare casino, benché sia chiaro a chiunque che la sua poltrona è la merce di scambio con cui la Regione paga il passo indietro del Comune. Siamo in piena deflazione: una volta per certi mercati servivano contropartite più consistenti. Tipo Nizza e la Savoia. Solo in casi specialissimi te la cavavi con un piatto di lenticchie, trenta denari o una messa a Parigi.
Chiarabella preferisce che in via Bogino ci sia un Massimo Bray, per nulla ostile ai Cinquestelle, piuttosto che un Beatrice che non la manda a dire a nessuno. Le dimissioni del presidente erano già state reclamate a gran voce dai grillini ai tempi della polemica su piazza Montale: e adesso lorsignori sono passati all'incasso. 
Non escludo peraltro che sull'estromissione di Beatrice abbiano influito anche le frizioni fra i vertici del Circolo e quelli del Salone (Bray in primis) durante la gestione condivisa del Salone 2018. A madonne non si sono presi mai, ma l'eco di qualche burrasca è arrivata fin quaggiù.
Ad ogni modo, oggi pomeriggio Beatrice ha postato su Fb una dichiarazione che ricopio in fondo a questo articolo.

Bisanzio in via Bogino

Quanto alla direttrice Maurizia Rebola, salvo improbabili colpi di scena resterà al suo posto almeno fino alla scadenza del contratto, nel gennaio 2020. Lei e il suo staff dovranno governare un territorio sconfinato che va dalle due sedi (Torino e Novara) al Salone, il che significa anche Portici di Carta, il Salone Off e le diverse iniziative di cui il Salone è capofila: il Premio Mondello, Adotta uno scrittore, il Premio nazionale Nati per leggere, il Concorso Comix Games, i progetti di alternanza scuola-lavoro, l'IBF, e probabilmente ne scordo qualcuno; senza dimenticare che il Circolo organizza pure Torino Spiritualità, è incaricato della programmazione del Forte di Exilles, e dovrebbe prima o poi venire a capo del rebus Maison Musique. Insomma, via Bogino diventa la Bisanzio di un un impero sterminato; ma con le stesse incognite e le stesse fragilità. E non credo proprio che tenere in piedi l'intero baraccone senza il contributo degli ex della Fondazione per il Libro rientri fra le massime aspirazioni di Maurizia Rebola. 

Un calcio in culo ai lavoratori

Saluti e baci. Il presidente Bray durante la presentazione del
Salone 2018: un ringraziamento a tutto "l'equipaggio". Che
adesso è cortesemente pregato di sbarcare senza tante storie
La questione più urgente e drammatica è dunque, adesso, il destino dei dodici dipendenti dell'ex Fondazione per il Libro. Il 30 giugno, dopodomani, i loro contratti scadranno, e mi pare ormai evidente che non ci sia nessuna volontà di salvare quei posti di lavoro. I dodici sventurati dovrebbero restarsene a casa senza stipendio in attesa di chissà quali sviluppi. E questo - al netto delle acutezze giuridiche - conferma che non c'è la minima intenzione di riassorbirli nel Circolo per continuare a occuparsi dell'organizzazione del Salone. In punta di diritto, non sarebbe neppure possibile un passaggio diretto: il Circolo per assumerli dovrebbe bandire un concorso. 
Io, nella mia ingenuità, stento a immaginare come l'attuale staff del Circolo, per quanto efficiente, possa farsi carico, senza l'apporto di nuove forze, anche delle attività del Salone. Eppure, a quanto sento dire, l'idea sarebbe proprio quella. 
I dipendenti dell'ex Fondazione hanno lavorato fino all'ultimo per l'edizione 2018, illusi dalle ripetute promesse di ricollocazione. Poi, concluso in gloria il Salone, un bel calcio nel culo e tutti a casa. Ma tutti tutti, persino quelli che ricoprivano i ruoli più strategici. Senza neppure la prospettiva di trovare una sistemazione, come s'era detto, in qualche azienda controllata dal Comune: mica per niente il Comune s'è chiamato fuori.
Insomma: al momento la prospettiva è di disperdere un patrimonio di professionalità maturato in anni e anni di servizio. Un eccellente viatico per il Salone Reloaded, che rinascerebbe così all'insegna delle promesse da marinaio e del disprezzo delle competenze: degno figlio dell'epoca nuova.

Bonus track: il post di Luca Beatrice

Da ieri sera non sono più il presidente del Circolo dei lettori. Un'avventura cominciata nel settembre 2010, fui nominato dalla giunta di Roberto Cota e dall'assessore Michele Coppola, e confermata dopo le elezioni successive da Sergio Chiamparino e Antonella Parigi. Un'avventura bellissima e straordinaria, dal punto di vista professionale e umano, soprattutto umano perché lavorare con uno staff di giovani, quasi tutti donne, ha rappresentato davvero un'esperienza unica. Lascio con alcuni mesi d'anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato perché la politica me lo ha chiesto, avendo in mente un nuovo sistema di governo per il Circolo stesso. Chi occupa (seppur gratuitamente) una "poltrona" pubblica si deve considerare inquilino protempore poiché dalla politica riceve un mandato. Nessuna polemica dunque, nessun vittimismo, nessun sacrificio umano. Chiedo pertanto ad amici ed estimatori come Gabriele Ferraris, Luca Cassiani, ai giornalisti, agli opinionisti e ai tanti altri che si preoccupano per me, di stare tranquilli e di non utilizzarmi come strumento per accendere micce che non hanno bisogno di essere alimentate. Vorrei davvero rassicurare tutti: le dimissioni sono state un atto dovuto. Non c'entrano le polemiche del passato, la non appartenenza politica a chi governa Torino e il Piemonte. Otto anni sono un'enormità, giusto passare la mano, portandosi dietro il tesoro di un'esperienza umana con lo staff e il pubblico del Circolo dei lettori. Non avendo mai smesso di fare il mio lavoro, vi racconto che a breve aprirà la mostra Easy Rider alla Reggia di Venaria, poi a settembre Andy Warhol gli anni '80 a Bologna, a ottobre Jackson Pollock a Roma e gli inglesi a Napoli, a novembre i tatuaggi al MAO di nuovo a Torino. C'è un libro, Canzoni d'amore, da portare in giro; l'impegno di docente in Accademia; gli articoli su Il Giornale e Tuttosport. E poi c'è la vita privata, per una nuova felice svolta. Scusate se è poco...
Grazie a chi mi ha mandato, e continua a farlo, messaggi di stima e simpatia. Il mio pensiero di queste ore va soprattutto ai lavoratori del salone del libro, augurandomi che la politica o chi per essa riesca a trovare rapidamente una soluzione giusta ed equa. Questo è ciò che conta, il resto sono chiacchiere e poltrone.

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