Passa ai contenuti principali

IL MITO DEI PIRLA: SIAMO TUTTI CHARLIE BROWN

Sono così incazzato, ma così incazzato, che per stasera non ho neppure voglia di lanciarmi in raffinate analisi; né di arzigogolare ipotesi su come si potrebbe in concreto risolvere l'iperuranio diktat di Franceschini di inventarsi un Salone unico, in contemporanea, a Torino e a Milano.
Magari domani, ok? Adesso mi limito a ricordarvi com'è andata con MiTo: leggetevi questo vecchio post ("MiTo e i mitomani") tanto per rinfrescarvi la memoria; e comunque venerdì scorso - senza informazioni privilegiate, giuro! - nella mia rubrica su TorinoSette scrivevo parole che oggi mi sembrano tristemente azzeccate: qui c'è il link, ma per vostra comodità sotto vi ricopio i passaggi salienti. Prima, però, quattro suppliche:
1) Risparmiatemi la geremiade del trombone torinese "ci hanno portato via la tv, la radio, la moda, il cinema, il salone dell'auto eccetera eccetera". No, brutto pirla. Non ci hanno portato via niente. Siamo noi che ci lasciamo portare via tutto, e ancor più buttiamo via tutto. Il Salone abbiamo cominciato a perderlo - con scientifica pervicacia - da almeno due anni. E abbiamo perseverato, giorno dopo giorno, fino all'apoteosi odierna. Perché siamo supponenti, noncuranti, incapaci. E pirla.
2) Risparmiatemi i gridolini di giubilo isterico sui luminosi destini delle due città unite in un possente conglomerato/conurbazione. Al possente conglomerato/conurbazione ci arriveremo, eccome: ma Milano sarà il centro, e Torino la periferia. Il dormitorio. Nonché la casa dei pirla.
3) Risparmiatemi i populismi e i complottismi. Non siamo migliori di chi ci governa; né più furbi. Oltre a qualche faccetta affranta su Fb, il popolo torinese non ha partorito granché, a difesa del Salone. E non servono tenebrosi complotti per fregare una banda di pirla. 
4) E risparmiatemi, se possibile, anche le banalità delle madamine  malconsigliate e dei vecchi arnesi troppo astuti che tenteranno di convincermi che questa è una soluzione inevitabile, virtuosa, nonché "un grande risultato per Torino". Di sicuro è la migliore soluzione che potevamo spuntare in quanto pirla. Perché siamo dei pirla, ve l'ho già detto?
E per stasera davvero basta. Prendiamo atto che siamo Charlie Brown, e meditiamo sulla nostra pirlaggine almeno per una notte, memori della saggezza di quell'antico proverbio danese: "Quando il nemico te la mette nel culo, non ti muovere sennò fai il suo gioco".

Bonus track: "Una città di Charlie Brown" (estratto)

Avete presente quella celebre gag dei Peanuts con Lucy che promette a Charlie Brown di tenergli fermo il pallone, e lui ogni volta ci crede e lei ogni volta glielo toglie mentre lui sta calciando, così lui vola e lei ride? Ecco. Torino è Charlie Brown. Milano, va da sé, è Lucy. Ogni volta che Torino e Milano fanno qualcosa insieme, Milano promette di non prevaricare su Torino, e Torino ci crede, salvo che poi Milano prevarica e Torino resta con un palmo di naso.
Esempio ormai classico è MiTo, nato nel lontano 2007 quando Torino - in un empito di generosità - accettò di condividere Settembre Musica con Milano: dieci anni dopo è convinzione diffusa in Italia e nel mondo (tranne che a Torino) che MiTo sia un festival milanese con una succursale a Torino.
Adesso, nel pieno della guerra dei due Saloni del Libro, già immagino le parole che verranno spese lunedì prossimo all’incontro romano convocato per mettere pace fra i contendenti: i torinesi si sentiranno dire che dev’esserci collaborazione e non rivalità, le due realtà si integreranno, Torino manterrà il suo ruolo... Fantastico, Lucy. Ne riparliamo fra qualche anno. (...)
Però Charlie Brown non impara mai. E si prepara all’ennesimo capitombolo quando Lucy ancora una volta ripeterà lo scherzetto del pallone.

Commenti

  1. Concordo totalmente. Questa intesa significa sostanzialmente la " fine" del Salone del libro di Torino,fine del resto già più volte percepita nelle decisioni assunte, nelle dichiarazioni di facciata, in una serie di azioni a dir poco masochiste ad iniziare nell'inserimento all'interno del cda di persone provenienti da Milano.
    Vorrà dire che a Milano allestiranno un Salone mentre a Torino,se si concretizzerà l'intesa, un tinello.
    Ma qualcuno ha pensato che un avvenimento di tale portata, seppure con un'unica " governance", avrà un costo raddoppiato solo per l'allestimento della manifestazione?E che senso ha lo svolgimento contemporaneo dell'evento in due città italiane?
    Certo che se una città gestisce le briciole tutto ha una spiegazione.

    RispondiElimina
  2. L'intesa se mai ci sarà non potrà' che vedere Milano che si prendera' il pacchetto 'salone del libro di Torino', la parte commerciale insomma e Torino che nelle stesse date dovrà inventarsi un nuovo festival della letteratura. Diversamente non credo Motta possa accettare altri compromessi.

    RispondiElimina
  3. Lo spirito imprenditoriale di Torino parrebbe esaurito, o forse alle nuove generazioni del Salone del Libro non frega nulla. Mi piacerebbe assistere ad un orgoglioso sussulto teso a porre rimedio agli errori del passato per poi proporre un'alternativa a Milano. Peraltro in Italia abbiamo un discreto numero di Festival del Cinema, nonostante alcune "intemperanze" iniziali.

    RispondiElimina
  4. Caro Gabriele, perché non raccogliere la proposta di Anita Molino e non scendiamo in piazza con la Federazione Italiana degli Editori Indipendenti: i nostri politici da soli non ce la possono fare, e d'altra è questione che riguarda tutti quanti noi
    Pino Zappalà

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Facite 'a faccia feroce... Me li immagino i milanesi come si spaventano...

      Elimina
    2. ma non sono i milanesi i nostri avversari ("Signori milanesi," il consol dice,
      "la primavera in fior mena tedeschi pur come d’uso. Fanno pasqua i lurchi ne le lor tane, e poi calano a valle), ma un centro di potere editoriale, un potentato con le mani in pasta (nei soldi dell'editoria e delle fiere), e forse bisognerebbe riscaldare l cuore dei nostri politici (di qualsiasi partito) per farli diventare cuor di leone, come faceva, appunto, Alberto di Giussano qualche secolo fa con il Popolo di Milano per difendere il comune e la lega (quella vera) dai veri nemici..

      Elimina
    3. Chiaro che per "milanesi" quello s'intende, i milanesi in genere se ne sbattono della questione, come i torinesi. Piuttosto - chiedo scusa - trovo surreale l'immagine dei cittadini che "riscaldano il cuore" dei politici. Ecchesiamo, la mammina che dice il bimbo scemo, dai, non aver paura, che il babau non viene? Siamo insegnanti di sostegno? Assistenti sociali? Psicologi? Motivatori per soggetti problematici? Ma questi quattro dementi muovano le chiappe e facciano il loro dovere. Per cosa li pago, sennò? Per andare a raccogliere alghe in Po?

      Elimina
    4. Pirla però si dice a Milano. A Torino si dice piciu. la solita sudditanza.

      Elimina
    5. Giusto. Già provveduto. http://gabosutorino.blogspot.com/2016/09/salone-siamo-piciu-contenti-e-i.html

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

L'AFFONDAMENTO DELLA SEYMANDI

William Turner, "Il Naufragio" Cristina Seymandi Tanto tuonò che piovve. Sicché posso abbandonare, almeno per un post, la spiacevole incombenza di monitorare i contraccolpi dell'emergenza virale. La storia è questa. Ieri in Consiglio comunale un'interpellanza generale ( qui il testo ) firmata pure da alcuni esponenti grillini o ex grillini, ha fatto le pulci a Cristina Seymandi, figura emergente del sottogoverno cinquestelle che taluni vedono come ideale continuatrice, a Palazzo Civico, del "potere eccentrico" di Paolo Giordana prima e di Luca Pasquaretta poi . E che, come i predecessori, è riuscita a star sulle palle pure ai suoi, non soltanto a quelli dell'opposizione. L'interpellanza prendeva spunto dell'ultima impresa della Seymandi, la mancata "regata di Carnevale" , ma metteva sotto accusa l'intero rapporto fra costei, Chiarabella e l'assessore Unia, di cui è staffista. Alla fine Chiarabella, nell'angolo, h

LE RIVELAZIONI DI SANGIU: "GRECO NON HA DECIFRATO LA STELE DI ROSETTA". E ADESSO DIREI CHE BASTA

È una storia da dimenticare È una storia da non raccontare È una storia un po' complicata È una storia sbagliata Cominciò con la luna sul posto E finì con un fiume di inchiostro È una storia un poco scontata È una storia sbagliata La ridicola pantomima è finita com'era cominciata, sempre con un tizio che giudica un egittologo senza sapere un cazzo d'egittologia. Il fratello d'Italia laureato in giurisprudenza Maurizio Marrone pontifica che Christian Greco è un egittologo scarso , e - dopo una settimana di silenzi imbarazzant i, strepiti da lavandaie e minchiate alla membro di segugio  blaterate da una scelta schiera di perdigiorno presenzialisti e critici col ciuffo - un altro fratello d'Italia, il giornalista Gennaro Sangiuliano, sancisce che no, Greco è "un apprezzato egittologo" benché - sfigatone! - "non abbia decifrato la stele di Rosetta" (questo è un capolavoro comico, non siete d'accordo?).  Il presidente della Regione Cirio s'a

BASIC BASE

Il nuovo direttore del Tff La  nomina di Giuliobase alla direzione del Torino Film Festival  è ampiamente trattata sul Corriere di Torino di stamattina: c'è un mio modesto commento , ma soprattutto c'è una magistrale intervista al neodirettore, firmata dall'esperto collega Fabrizio Dividi. Vi consiglio di leggervela da cima a fondo (sul cartaceo, o  a questo link ): vale da sola ben più del prezzo del giornale. Ed è talmente bella che mi permetto di estrapolarne alcuni passaggi, che giudico particolarmente significativi. Ecco qui le domande e le risposte che più mi hanno entusiasmato. In neretto le domande, in chiaro le risposte, in corsivo le mie chiose: Emozionato a dover essere «profeta in patria»?  «Ovvio, ma studierò. In questo anno e mezzo studierò e tiferò per Steve Della Casa e per il suo festival, ma sempre stando un passo indietro, con umiltà e discrezione».  Qualcuno lo avverta: l'hanno nominato per l'edizione 2024. Ciò significa che dovrà cominciare a la