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CRONACHE DAL FRONTE DEL REGIO: GALOPPINI SECONDO GIOVARA (E SECONDO GALOPPINI)

Uomini contro: William Graziosi e (a destra) Alessandro Galoppini
Io fatico a capire il ruolo del consigliere comunale Massimo Giovara nella pantomima del Regio. Cioé, forse lo capisco, ma non capisco su quali presupposti poggi.
Voglio dire. Il presidente del Regio fino a prova contraria è il sindaco di Torino. L'assessore compentente per il Regio è l'assessore alla Cultura. Giovara è da qualche mese presidente della Commissione cultura ma anche, fin dai tempi della caduta di Paolo Giordana, attivissimo "assessore supplente" della sempre più fantasmatica Leon; tecnicamente comunque è un consigliere comunale pentastellato eletto con 281 preferenze che non sono ciò che in politica si definirebbe un vasto sostegno popolare.

Chi tace e chi parla

Massimo Giovara
Eppure è Giovara quello che parla. Qualcuno le ha per caso sentite, Chiarabella e Maiunagioia, pronunciare una parola seria sulla guerra che devasta il Regio? Maiunagioia si è limitata a far intuire in Commissione cultura - sotto lo sguardo vigile di Giovara - che loro vorrebbero confermare Graziosi. E quando quel timido accenno ha scatenato il bailamme di proteste, lettere anonime e firmate, polemiche e accuse, loro due zitte e mute. Sparite dai radar. Cioé, si sta parlando del destino del Regio, mica del nuovo allenatore della Juve. Davanti a un simile subbuglio quelle due dovrebbero porsi qualche domanda, chiedere e dare spiegazioni, quantomeno accusare ricevuta. E invece niente. Maiunagioia non parla, Chiarabella non vede, E tutte e due non sentono. Fantastico.
Giovara invece eccome se parla. Lui è il sir Galahad di Graziosi, il paladino dei sovrintendenti calunniati. Il fiero lottatore distribuisce a destra e a manca patenti di retrivo conservatorismo a chi non aderisce alla gloriosa rivoluzione del Regio; e di infamia ai dipendenti che hanno paura di firmarsi per tema di ritorsioni, anziché domandarsi come sia possibile che al Regio ci siano dipendenti che temono ritorsioni, manco fossimo in una fabbrica di scarpe del Sudest asiatico. 

Il portavoce di Galoppini

In ultimo Giovara s'è preso la briga di spiegare ai giornali i veri motivi per cui Alessandro Galoppini, direttore artistico (e auentico motore) del Regio di recente ha annunciato al sindaco/presidente - in un colloquio privato, e senza mai abbandonarsi a dichiarazioni pubbliche - che con Graziosi non ci vuole più lavorare, e se Graziosi lo riconfermano lui se ne andrà. Così ieri Galoppini ha avuto la bella sorpresa di leggere sul Corriere l'intervista nella quale Giovara spiegava a lui (Galoppini) e ai lettori (del Corriere) che cosa pensa Galoppini. Giovara ha fatto sapere ai lettori del Corriere (e a Galoppini) che Galoppini in realtà vuole andarsene non perché in disaccordo con il modo di lavorare e gli atteggiamenti del sovrintendente Graziosi, ma perché non condivide il Piano industriale per il Regio; e non ha voglia di applicarlo, assicura Giovara,perché "viste le relazioni costruite in vent'anni di lavoro al Regio si sarebbe trovato, magari, ad avere delle cose complicate da dire". Eh già: uno lavora trent'anni al Regio (non venti, Gio': sono 29 quest'anno) e mica capisce un cazzo del Regio. Capisce già Giovara.

Chi ha nominato chi

Tant'è che aggiunge, Giovara: "Per prassi il sovrintendente nomina il direttore artistico, Graziosi invece Galoppini se l'è trovato". Eh, signora mia, che ci vuol fare, dobbiamo rassegnarci... 
Spiace dover correggere un esperto, ma le cose non stanno così. Il direttore artistico del Regio di Vergnano si chiamava Fournier Facio, e quando Graziosi salì al trono non lo riconfermò, come sarebbe stata sua piena facoltà. Fu il primo Consiglio d'indirizzo presieduto dal nuovo sovrintendente William Graziosi a ufficializzare, il 5 giugno 2018, la nomina di Galoppini alla direzione artistica del Regio. Ora i casi sono due: o Galoppini fu nominato dal CdI presieduto da Graziosi, però all'insaputa di Graziosi, e allora Giovara in pratica dice che Graziosi manco sa quel che si fa; oppure Graziosi da sovrintendente ha dato quantomeno l'assenso alla nomina di Galoppini, e allora di che minchia stiamo parlando?

La voce di Galoppini

Comunque: a parte l'oziosa disputa su chi ha scelto chi (me lo domando spesso anch'io...) bisogna dire che Galoppini, stranamente, non si è trovato d'accordo con il proprio pensiero così come lo ha spiegato al Corriere (e a Galoppini) l'esperto Giovara. E ieri pomeriggio ha rotto il dignitoso riserbo di una vita e ha chiamato i giornali per precisare che lui mai e poi mai si è opposto al Piano industriale. Ha chiamato anche me: io non lo conosco bene, in precedenza abbiamo scambiato soltanto qualche convenevole casuale, però dalla telefonata non ho tratto l'impressione di aver a che fare con un retrivo conservatore scansafatiche, anzi: mi ha dato l'idea di un uomo innamorato di un teatro al quale ha dedicato la vita; un professionista esperto che in questo primo difficile anno con Graziosi ha collaborato lealmente addossandosi anche fatiche che non gli spettavano, per un compenso di gran lunga inferiore a quello, ad esempio, generosamente riconosciuto dal sovrintendente alla signora marchigiana ingaggiata per una consulenza di marketing della quale finora non si sono viste grandi tracce concrete.
Galoppini ha ripetuto anche a me che non se la sente più di condividere lo stile di gestione che Graziosi ha imposto al Regio. Non lancia accuse, semmai esprime perplessità e riserve sul modus operandi del sovrintendente, e non vuole esservi coinvolto. Per lui, mi ha detto, è una questione di deontologia professionale. Mi è parso amareggiato e convincente. Ma io sono io, e posso sbagliare, e se Giovara dice un'altra cosa di sicuro sbaglio io. 

Il peccato di Galoppini

Comunque, Galoppini ammette di aver sommessamente segnalato a Graziosi alcune criticità del Piano industriale; in fondo ne avrebbe titolo, essendo l'unico del mazzo a conoscere il Regio come le sue tasche. Può darsi però che ciò configuri il reato di leso piano industriale. 
Ma confessa pure, l'incauto Galoppini, il peccato dei peccati: egli ha sollevato qualche obiezione anche sulla "mozione Giovara", quella che ha dettato la linea per la presa di potere al Regio da parte dei nuovi padroni. Mica l'ha criticata tutta, figurarsi: Galoppini ha soltanto sottolineato i punti della mozione che, a parer suo, sono irrealistici. Tipo la trovata della "Compagnia stabile" del Regio. Non sapeva, il malaccorto, quanto stia a cuore a Giovara una compagnia stabile, con stipendi stabili. Un uomo di spettacolo ben conosce il dramma degli artisti condannati - per la gretta incomprensione del mondo - a una vita di precarietà. 
Confesso di essermi macchiato dello stesso crimine di Galoppini. Anch'io, quando venne votata la mozione Giovara, scrissi che consideravo la compagnia stabile una solenne e dispendiosa minchiata. Non l'unica, fra le proposte della mozione: ma certo la più solenne e dispendiosa. E pure in quell'occasione Giovara si risentì assaissimo. Per mia fortuna non lavoro al Regio, né in Comune, e quindi del suo risentimento me ne infischio.
Direi che anche Galoppini se ne infischia, al di là del malumore per scoprire che, a sua insaputa, ha un portavoce che comunica a mezzo stampa il suo presunto pensiero. Galoppini ha già annunciato che se ne andrà, se confermeranno Graziosi alla sovrintendenza. Non rischia la disoccupazione, perché non gli mancano altre opportunità lavorative: mi pare anzi l'unico ad averne, tra i protagonisti di questa incredibile pantomima sulle macerie del Regio. Chissà perché.

L'urgenza di confermare il sovrintendente

Ma Giovara è uomo d'azione, i tentennamenti non gli piacciono, e sulla questione del sovrintendente non ammette indugi. Sempre sul Corriere di ieri auspicava quantomeno la proroga, o meglio la conferma immediata dell'incarico a Graziosi.
Nel mondo normale - quello gretto e senza ideali in cui viviamo immersi noi peccatori - verrebbe fatto di chiedersi come mai Giovara tenga tanto alla sovrintendenza di Graziosi. Ma per i paladini dell'ideale non valgono le basse considerazioni utilitaristiche, bensì gli alti principii. E certo in nome di un principio superiore si batte il prode Giovara. Forse sta scritto in qualche Vangelo apocrifo, che Graziosi dev'essere sovrintendente. O forse lo ha ordinato il medico. Il guaio è che questo superiore principio è scarsamente condiviso non soltanto dal ministro Bonisoli - che mi dicono alquanto scettico sulle qualità di Graziosi - ma anche e soprattutto negli stessi ambienti della lirica. I giudizi degli addetti ai lavori sono in genere freddini. Potrebbe essere null'altro che il frutto avvelenato dell'invidia, non dico di no: ma un pizzico di prudenza s'impone.

Come minimo, i contribuenti gradirebbero ricevere rassicurazioni e spiegazioni non formali dal sindaco/presidente e - se possibile - anche dal diretto interessato. Graziosi reagisce alle accuse querelando gli accusatori, e fa bene se l'hanno calunniato. Ma nel frattempo, visto che percepisce uno stipendio pubblico, sarebbe cortese da parte sua rispondere alle domande dei contribuenti e dei giornalisti, esporre il proprio punto di vista e chiarire le zone d'ombra, anziché rinserrarsi nel bunker del Regio e rinviare persino la presentazione della prossima stagione, appuntamento che dal 3 giugno è inopinatamente slittato a chissà quando.
In subordine sarà comunque indispensabile offrire qualche spiegazione almeno alle due fondazioni bancarie: l'anno scorso avevano assecondato Chiarabella dando il via libera a Graziosi, pur di scongiurare il commissariamento del Regio. Ma adesso non nascondono le perplessità, e il malumore per l'indegna gazzarra. E qualche domanda pure loro se la fanno.

Chi le domande le fa per mestiere

A meno che, prima o poi, le domande non decida di farle chi le fa per mestiere. Non devo certo essere io a ricordare che, circa un annetto fa, alcuni titoli di giornale suscitarono l'interesse della Procura della Repubblica che aprì un fascicolo sul famoso "buco del Regio": un fascicolo senza indagati e senza ipotesi di reato, per carità!, ma così, giusto per capire; sicché l'ormai ex sovrintendente Vergnano fu invitato a spiegare le sue ragioni nella sede appropriata; poi l'inchiesta stabilì che non c'era reato e venne chiusa. Stop. Fine delle illazioni e delle polemiche. Quella mi sembrò allora la soluzione più logica e civile: anche a tutela dell'onorabilità di Vergnano. In fondo i giudici sono lì per fare domande, dissipare i sospetti, tutelare gli innocenti e punire i colpevoli. I processi non si fanno nelle piazze, né sui giornali. A ciascuno il suo mestiere.

L'ostinazione senza senso

Ciò che davvero mi sorprende, dell'indegna gazzarra, è l'ostinazione. Capisco ancora Giovara: un paladino lotta per l'ideale e non per bassi calcoli d'opportunità. Ma Chiarabella? Diavolacci, è il sindaco, è il presidente del Regio; questo storiaccia sta sputtanando Torino e il Regio agli occhi dell'universo mondo della lirica, e non solo; Graziosi sarà pure il migliore degli uomini, però non è l'unico essere vivente sulla terra in grado di fare il sovrintendente (a detta dei detrattori non lo è in assoluto, ma queste sono opinioni); ormai la situazione s'è deteriorata oltre la soglia di tolleranza; Chiarabella non lo ha sposato, Graziosi, e il contratto è scaduto: cazzo le costa dargli il benservito e chiudere una vicenda che rischia di finire a schifìo?
Esistono varie scuole di pensiero per spiegare un atteggiamento in apparenza inspiegabile. 
C'è chi sostiene che in realtà è Giovara a menare le danze perché Chiarabella non vuole inimicarsi una parte della sua maggioranza.
C'è chi considera una costante caratteriale della sindaca il non saper scegliere e valutare i collaboratori, come già s'è visto nei casi di Giordana e Pasquaretta.
C'è infine chi si spinge persino a ipotizzare chissà quali oscuri intrighi di partito, chissà quali indicibili trame dietro l'ostinato attaccamento al feticcio-Graziosi.

Un'exit strategy

Ma forse la verità è più banale: Chiarabella ha il diffusissimo difetto di non voler ammettere i propri errori. Forse pensa che non sia onorevole per un sindaco riconoscere di essersi sbagliato. E quindi adesso non sa come uscirne. Oh belin santapace, Chiarabella, stai in politica, mica all'asilo. Inventati qualche scusa, e che ci vuole? Devo rispiegartelo? Puoi dire che Graziosi è stato bravissimo, e che il suo fantastico Piano industriale lo porterai avanti, tant'è che hai già piazzato il vero autore, il Guerzoni, nel prossimo Consiglio del Regio, e così fai contento anche il ministro Bonisoli che vuole molto il piano e un po' meno Graziosi; e bon, grazie Graziosi e ciao.
Questa sarebbe una dignitosa exit strategy per tutti. Forse. Chissà.

P.S. Chiara, te lo dico da amico, non sto a prenderti per i fondelli: tirati fuori da 'sto casino più in fretta che puoi. Ti porta soltanto guai. Dai retta a un vecchio.

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