Non riesco più nemmeno a ridere. Succedono cose che farebbero sghignazzare un morto, ma oggi - dopo lo shock treatment di cinque anni di minchiate - sembrano quasi normali, e comunque non fanno più ridere nessuno.
Niente intelligenza a Torino
Vogliamo parlare della balla magagalattica del "Centro italiano per l'intelligenza artificiale"? Quella roba che si chiama I3A, tipo un robot di Guerre Stellari, e che doveva risarcire Torino di tutti i calci sui denti che s'è beccata, le Olimpiadi sfumate, il Salone dell'Auto fuggito, la sede europea del Tribunale dei Brevetti che è andata a Milano; per non dire delle varie buffonate pseudotecnologiche con le quali ci hanno gabellato la favoletta della "smart city" mentre non riescono manco a darci una carta d'identità in tempi ragionevoli. E non penso soltanto ai malaminchiati droni, di cui se dio e san Giovanni vogliono ci siamo definitivamente liberati: ma qualcuno si ricorda del robot barista?
Ci hai creduto, faccia di velluto. Adesso si scopre che I3A era tutta una fantasia, anzi una pippa, di quattro fanfaroni, nessun Centro per l'intelligenza artificiale è stato assegnato a Torino, e mi pareva strano che volessero studiare l'intelligenza artificiale in una città dove manca addirittura l'intelligenza naturale.
E arriva la comica da sghignazzo, se ancor fossi in grado di sghignazzare. Ecco la dichiarazione di Chiarabella diffusa dal suo premuroso ufficio stampa non appena la gherminella dell'I3A è saltata fuori: "Ci aspettiamo che il Consiglio dei Ministri fughi ogni dubbio (dubbio? NdG) emerso con la diffusione delle bozze relative ai progetti del PNRR e che, già nel prossimo passaggio in CdM dedicato al piano nazionale per le opere e le progettualità da finanziare attraverso le risorse europee del recovery fund, confermi (confermi? Cosa vuoi che ti confermino? Ma va' là... NdG) la scelta di Torino come sede di I3A, l’Istituto di intelligenza artificiale. Rispettando così l’impegno e mantenendo l’indirizzo (indirizzo? Via dei matti numero zero, ecco l'indirizzo che ti mantengono, NdG) prima stabilito nel Cdm dello scorso 4 settembre e poi ancora confermato nelle passate settimane con il parere sul Pnrr espresso in sede di commissione parlamentare". E via blablaando. Per completare lo spettacolino di varietà, leggetevi questo link i blablaamenti snocciolati dallo sventurato assessore Pironti in Consiglio comunale il 29 marzo scorso, quando taluni consiglieri malpensanti avevano avanzato i primi dubbi sulla effettiva fondatezza della fanfaronata.
Un vertice della comicità surreale, vero? Eppure non mi riesce più di ridere. Semmai un po' piangerei, se lacrime da piangere mi fossero rimaste. Ma no, anche le lacrime è meglio serbarle per il futuro, perché il peggio deve ancora venire, come ci garantiscono fin d'ora le strambe manovre per piazzare un altro culo sull'ex scranno chiarabellesco.
Cioé, vogliamo parlarne?
Il vaudeville del centrosinistra
Da una parte c'è un centrosinistra che dopo cinque anni di sfrenata opposizione ai cinquestelle adesso continua a menarsi il torrone sul fondamentale tema se allearsi o non allearsi con i cinquestelle. Alleanza che di per sé garantirebbe un formidabile mix comico di supponenza e inadeguatezza insaporito dalla corte dei miracoli di personaggetti pittoreschi che si proporrebbero o riproporrebbero alla ribalta. Quelli di Roma, che di Torino nulla sanno e ancor meno gli frega, dicono di sì all'alleanza, perché hanno una fifa boia di perdere. Quelli di Torino, che conoscono la diffusa simpatia dei loro elettori per i cinquestelle, dicono di no, e intanto si scannano su quale cacicco di partito candidare, costruendosi così, giorno dopo giorno, con certosina pazienza, la prossima sconfitta. E in questo bel caravanserraglio arriva un tizio che si propone come candidato sindaco del centrosinistra dopo aver provato a farsi candidare come sindaco del centrodestra. Nel frattempo l'ex pasdaran dei cinquestelle fa campagna elettorale per il candidato del centrodestra. Sembra una commediaccia pecoreccia anni Settanta/Ottanta, con Alvaro Vitali nascosto sotto il letto e Bombolo che scorreggia nell'armadio mentre Lino Banfi in mutande cerca di portarsi a letto Edwige Fenech.
Il gran circo del centrodestra
Dall'altra parte il centrodestra fiuta l'occasione propizia per espugnar Torino, e al fine di rastrellare voti la scaltra Lega ingaggia un signore già pappa e ciccia con il centrosinistra che lo aveva piazzato su prestigiose poltrone presidenziali al Museo del Cinema e alla Film Commission; però è un signore elegante che piace alle damazze della Crocetta con il cuore a sinistra e il portafogli a destra. Purtroppo saltano su i soliti arditi a scrivere sui manifesti che l'Italia ha bisogno di figli per combattere, non di pillole per morire (cioé, niente pillole abortive: semmai i figli li mandiamo in guerra quando sono sui vent'anni). Ma il candidato del centrodestra si offende se qualcuno sottolinea il cortocircuito ideologico, e assicura di essere un moderato che non si accompagna a "uomini neri" (così rassicura le damazze e pure gli xenofobi che non hanno capito un cazzo); ma dalla sinistra lo rimbeccano e sostengono che con lui di uomini neri ce n'è un battaglione. Se sia un battaglione di ascari o di balilla, lo scopriremo solo vivendo.
Ne converrete: è un circo spassosissimo. Eppure non mi fa ridere.
La noia dei vecchi pupazzi
Credo sia colpa del contesto, dell'atmosfera ammorbante propria della fine di un'era. Il teatrino vecchio è arrivato alle ultime, stiracchiate gag; ma intanto ruba ancora la scena ai nuovi saltimbanchi che dietro le quinte scalpitano per la loro ora di celebrità, e già pregustano gli applausi del pubblico pagante.
I pupazzi sono come il latte, hanno una data di scadenza: poi diventano rancidi, nel migliore dei casi stufano, nel peggiore puzzano e fan danni. Dopo cinque anni è naturale che i frizzi e lazzi dei comici, sempre quelli, sempre gli stessi (i lazzi e i comici), non facciano più ridere. La straziante appendice del nulla, che rinvia all'autunno le elezioni di primavera, ha trasformato la strascicata pantomima in un'angosciosa agonia. Non sono divertenti i maldestri tentativi dei saltimbanchi in disarmo di trasformare un fiasco in successo, sciorinando un velleitario iperattivismo fuori tempo massimo, varando progetti che non saranno mai realizzati, lasciando eredità che nessuno vorrà raccogliere. Ogni volta che ascolto il loro profluvio di annunci cui nessuno, nemmeno loro, crede, mi tornano alla mente i versi di Edgar Lee Masters: "Andatevene, quando il vostro tempo è finito. E' vile sedersi e brancicare le carte, e maledire le perdite, con occhi cerchiati, piagnucolando per tentare ancora".
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