Sono proseguite anche ieri, all'Opera dei Pupi Comunali, le stanche repliche della mesta tragicommedia del Regio.
Uccellate in malo modo la scorsa settimana, le opposizioni in Sala Rossa non s'arrendono, e anche nella videoseduta di ieri (prima di chiudere il baraccone per mancanza del numero legale) ripropongono la questione del commissariamento con una interpellanza generale che chiede ad Appendino come intenda in concreto tutelare i nostro teatro lirico e i suoi lavoratori.
Chiarabella si prende ben guardia dall'esporsi per una seconda volta, e stavolta manda avanti a prendere gli schiaffi la sconsolato punching ball Leon, che ha così l'opportunità di tornare a esibirsi sulla vicenda dopo la reticente videoconferenza del 3 giugno. Fedele alla linea, e al copione, l'assessore ai Tavoli legge la dichiaranzioncina che ribadisce la linea-Appendino: il commissariamento è inevitabile, è dovuto per legge, no è una scelta di responsabilità, e insomma si fa così.
E per favore nessuno chieda chi ha piazzato Graziosi al Regio, è inelegante e poi stanno piantando tutto 'sto casino proprio per non parlare di quella storia lì, ci vuole un po' di creanza perdinci!
Seguono le dichiarazioni dei consiglieri, anch'esse ormai consumato (e rassegnato) copione.
La solita pantomima
Tra i cinquestelle i due consiglieri-lavoratoridellospettacolo Napolitano e Giovara si producono nel benaltrismo del tutti parlano del Regio e dei suoi lavoratori (tutelati, è sottinteso) e nessuno dei poveri lavoratori dello spettacolo senza tutele (cioé loro).
Dall'opposizione, Petrarulo (quello che è subentrato, in quanto primo dei non eletti, a Roberto Rosso) annuncia che chiederà l'immediata convocazione della Commissione controllo e gestione per "sentire i revisori dei conti" sulla reale situazione del bilancio del Regio: ambizione legittima, questa, considerato che finora non si è visto nessun bilancio, e ogni ragionamento si basa soltanto sui 2,5 milioni di passivo dichiarati a mezzo stampa da Chiarabella e i suoi coboldi.
La piddina Patriarca ricorda che in Francia è un'altra cosa, e lo Stato finanzia i teatri lirici per ben il 90 per cento del budget. Io condivido la sua ammirazione per i franciosi, almeno su questo punto, ma non è colpa di nessuno se Napoleone ha perso e il Piemonte non è più francese e quindi il Regio se la passa male. Sono le conseguenze a lungo termine della Storia.
Il transfuga cinquestelle Curatella, ora Gruppo Misto, torna a insistere sulle rassicurazioni che Chiarabella prodigò lo scorso dicembre, assicurando che al Regio stavano lavorando benissimo ed erano soddisfatti dei risultati, e alla faccia della soddisfazione visto che a fine maggio, appena cinque mesi dopo, e all'indomani della notizia dell'inchiesta, la stessa Chiarabella mette su la mutria da funerale e annuncia che il bilancio 2019 è un disastro e tutto è perduto e bisogna commissariare o morire. In effetti, un crack tanto fulmineo e imprevisto non si vedeva dai tempi della Lehman Brothers.
Ma queste sono le solite storie che già conoscete a memoria. D'altronde, io ho sprecato due ore della mia vita per seguire on line la disdicevole pantomima, e qualcosa devo pur cavarci, per intrattenervi decorosamente. Pertanto colgo l'occasione per raccontarvi un bel personaggetto del Consiglio, che finora ho colpevolmente trascurato: Osvaldo Napoli.
L'esuberante Osvaldo Napoli
Licenzatario unico di Forza Italia in Sala Rossa, questo Napoli è un democristianone di quelli di una volta, transitato armi e bagagli sotto le bandiere di Re Silvio fin dalla prima ora, nel 1994. Settantasei anni, torinese, dalla Dc aveva avuto poche soddisfazioni: s'era dovuto accontentare del cadreghino di sindaco di Giaveno, conquistato nel 1985 e tenuto ben stretto fino al 2004. La conversione forzitalica invece lo ha portato nel 2001 ai fasti del Parlamento, e da lì non s'è più schiodato, senza però abbandonare la vocazione sindacale: persa Giaveno, s'è consolato diventando primo cittadino di Valgioie dal 2009 fino al 2016, quando è entrato in Consiglio comunale a Torino. Sempre assiso (salvo una sfortunata parentesi fra il 2013 e il 2018) sul suo strapuntino alla Camera.
Berlusconiano di ferro, condivide con il Capo una certa esuberanza caratteriale e un particolarissimo sense of humour che non esclude qualche scivolata.
Nella Premiata Compagnia di Giro della Sala Rossa, Napoli interpreta un personaggio tutto suo, geniale mix fra il Vecchietto del West e il Numero Uno di Alan Ford (quello che "ricordo benissimo che dissi a Giulio Cesare, caro Giulio io sono troppo vecchio per queste cose ma tu dovresti passare il Rubicone...") e -dall'alto della sua stagionata professionalità politica, con verve oratoria da oratorio e leggerezza da festa paesana, dispensa perle di saggezza e bonomia a una manica di sbarbatelli sprovedduti (e su questo punto stenterei a non dargli ragione...).
A prima vista si è portati a giudicarlo una macchietta, ma attenzione, è furbo come il diavolo: una sorta di finto bonaccione che alla fine della fiera è ancora lì, in sella da quarant'anni alla faccia degli infiniti stravolgimenti della politica nazionale e locale. Un highlander della cadrega, insomma.
Il soccorso azzurro
L'esuberante Napoli sta dando il meglio sulla questione del Regio. Come forse qualcuno ricorderà, la settimana scorsa Chiarabella ha rischiato di andare sotto in Consiglio comunale. Complice la defezione del grillini dissidenti, avevano ottime possibilità di passare le mozioni delle opposizioni che chiedevano alla Cocciuta di recedere dalla sua pervicace volontà di commissariare il Regio. Ma è arrivato il soccorso azzurro di Osvaldo Napoli: il suo voto contrario è stato decisivo per salvare il culo alla pericolante Chiarabella.
Napoli s'era appellato al "buon senso" per motivare la sua posizione, esibendosi in uno sperticato elogio delle miracolose virtù taumaturgiche di un commissariamento: Napoli sa - perché lui sa - che non ci saranno licenziamenti, Schwarz resterà direttore artistico, da Roma arriveranno milioni a carrettate. Immagino che sarà pure tre volte Natale e Pasqua tutto l'anno. L'exploit ha lasciato basiti gli altri gruppi d'opposizione.
Una "certa società"
E così ieri il capogruppo del pd Lorusso interviene, ancora basito, e ribadisce il suo "stupore" per la posizione assunta da Napoli.
Il pimpante Napoli, ripieno di sacro buonsensismo, per tutta risposta s'allarga fino a far sue le posizioni del pasadaran del graziosismo, Massimo Giovara: "Fin da quanto è arrivato Graziosi - sancisce il saggio Napoli - una 'certa società' gli si è subito schierata contro, non l'hanno lasciato lavorare".
Minchia, ce ne fosse uno, che lasciano lavorare. Torino è piena di umarèll che rompono i coglioni agli operai dei cantieri.
Ora: non so bene a quale "certa società" si riferisca Napoli: la Società del Gas? La Società a Responsabilità Limitata (e limitatissima)? La Società dei Magnaccioni? Le isole della Società? Non di sicuro la Società degli Occhi Foderati di Prosciutto. Diciamo che un certo sospetto e alcune riserve preventive che hanno accompagnato l'arrivo di Graziosi erano motivate da un curriculum e precedenti non precisamente entusiasmanti. Non era troppo lusinghiero neppure il giudizio dei cinquestelle di Jesi, ridente cittadina dove il Graziosi ha a lungo operato.
Ma non per questo mi stupisce lo stupore lorussiano. Ciò che sempre mi stupisce in questa città è la corta memoria.
Un graziosiano della prima ora
Osvaldo Napoli fu il primo ad esultare quando Chiarabella decise di piazzare il caro Graziosi come sovrintendente al Regio. Entusiasta, dichiarò che "si tratta di un professionista serio e di qualità e posso garantire che la sua non è sicuramente una nomina frutto di una logica di partito, quindi non c’è nulla che contraddica la sua nomina come sostengono i suoi detrattori".
Il buonsensista Napoli, deputato e consigliere comunale di Forza Italia, meglio informato di chiunque altro, poteva, beato lui, garantire che la nomina non era frutto di una logica di partito. Non certo del suo, comunque: il trascurabile particolare che tra i massimi estimatori di Graziosi ci fosse da tempo un altro berlusconiano di lungo corso, il compìto Gianni Letta, è, giustappunto, del tutto trascurabile. Napoli mica è il tipo di politicante che fa dichiarazioni a comando, secondando le volontà e le necessità dei capataz del suo partito.
P.S. Mi permetto - per inciso - di informare l'esuberante Napoli che "fake news" si pronuncia "fāk n(y)o͞oz" (all'italiana, in maniera semplificata: "feik nius") e non "fes neus" come dice regolarmente lui. Ma forse si riferisce non alle fake news, bensì a chi ci crede. In tal caso, "fes" mi pare una dizione azzeccata.
Chiarabella si prende ben guardia dall'esporsi per una seconda volta, e stavolta manda avanti a prendere gli schiaffi la sconsolato punching ball Leon, che ha così l'opportunità di tornare a esibirsi sulla vicenda dopo la reticente videoconferenza del 3 giugno. Fedele alla linea, e al copione, l'assessore ai Tavoli legge la dichiaranzioncina che ribadisce la linea-Appendino: il commissariamento è inevitabile, è dovuto per legge, no è una scelta di responsabilità, e insomma si fa così.
E per favore nessuno chieda chi ha piazzato Graziosi al Regio, è inelegante e poi stanno piantando tutto 'sto casino proprio per non parlare di quella storia lì, ci vuole un po' di creanza perdinci!
Seguono le dichiarazioni dei consiglieri, anch'esse ormai consumato (e rassegnato) copione.
La solita pantomima
Tra i cinquestelle i due consiglieri-lavoratoridellospettacolo Napolitano e Giovara si producono nel benaltrismo del tutti parlano del Regio e dei suoi lavoratori (tutelati, è sottinteso) e nessuno dei poveri lavoratori dello spettacolo senza tutele (cioé loro).
Dall'opposizione, Petrarulo (quello che è subentrato, in quanto primo dei non eletti, a Roberto Rosso) annuncia che chiederà l'immediata convocazione della Commissione controllo e gestione per "sentire i revisori dei conti" sulla reale situazione del bilancio del Regio: ambizione legittima, questa, considerato che finora non si è visto nessun bilancio, e ogni ragionamento si basa soltanto sui 2,5 milioni di passivo dichiarati a mezzo stampa da Chiarabella e i suoi coboldi.
La piddina Patriarca ricorda che in Francia è un'altra cosa, e lo Stato finanzia i teatri lirici per ben il 90 per cento del budget. Io condivido la sua ammirazione per i franciosi, almeno su questo punto, ma non è colpa di nessuno se Napoleone ha perso e il Piemonte non è più francese e quindi il Regio se la passa male. Sono le conseguenze a lungo termine della Storia.
Il transfuga cinquestelle Curatella, ora Gruppo Misto, torna a insistere sulle rassicurazioni che Chiarabella prodigò lo scorso dicembre, assicurando che al Regio stavano lavorando benissimo ed erano soddisfatti dei risultati, e alla faccia della soddisfazione visto che a fine maggio, appena cinque mesi dopo, e all'indomani della notizia dell'inchiesta, la stessa Chiarabella mette su la mutria da funerale e annuncia che il bilancio 2019 è un disastro e tutto è perduto e bisogna commissariare o morire. In effetti, un crack tanto fulmineo e imprevisto non si vedeva dai tempi della Lehman Brothers.
Ma queste sono le solite storie che già conoscete a memoria. D'altronde, io ho sprecato due ore della mia vita per seguire on line la disdicevole pantomima, e qualcosa devo pur cavarci, per intrattenervi decorosamente. Pertanto colgo l'occasione per raccontarvi un bel personaggetto del Consiglio, che finora ho colpevolmente trascurato: Osvaldo Napoli.
L'esuberante Osvaldo Napoli
Osvaldo Napoli si intrattiene con un vigile urbano (la foto è stata pubblicata ieri da Nuova Società) |
Berlusconiano di ferro, condivide con il Capo una certa esuberanza caratteriale e un particolarissimo sense of humour che non esclude qualche scivolata.
Nella Premiata Compagnia di Giro della Sala Rossa, Napoli interpreta un personaggio tutto suo, geniale mix fra il Vecchietto del West e il Numero Uno di Alan Ford (quello che "ricordo benissimo che dissi a Giulio Cesare, caro Giulio io sono troppo vecchio per queste cose ma tu dovresti passare il Rubicone...") e -dall'alto della sua stagionata professionalità politica, con verve oratoria da oratorio e leggerezza da festa paesana, dispensa perle di saggezza e bonomia a una manica di sbarbatelli sprovedduti (e su questo punto stenterei a non dargli ragione...).
A prima vista si è portati a giudicarlo una macchietta, ma attenzione, è furbo come il diavolo: una sorta di finto bonaccione che alla fine della fiera è ancora lì, in sella da quarant'anni alla faccia degli infiniti stravolgimenti della politica nazionale e locale. Un highlander della cadrega, insomma.
Il soccorso azzurro
L'esuberante Napoli sta dando il meglio sulla questione del Regio. Come forse qualcuno ricorderà, la settimana scorsa Chiarabella ha rischiato di andare sotto in Consiglio comunale. Complice la defezione del grillini dissidenti, avevano ottime possibilità di passare le mozioni delle opposizioni che chiedevano alla Cocciuta di recedere dalla sua pervicace volontà di commissariare il Regio. Ma è arrivato il soccorso azzurro di Osvaldo Napoli: il suo voto contrario è stato decisivo per salvare il culo alla pericolante Chiarabella.
Napoli s'era appellato al "buon senso" per motivare la sua posizione, esibendosi in uno sperticato elogio delle miracolose virtù taumaturgiche di un commissariamento: Napoli sa - perché lui sa - che non ci saranno licenziamenti, Schwarz resterà direttore artistico, da Roma arriveranno milioni a carrettate. Immagino che sarà pure tre volte Natale e Pasqua tutto l'anno. L'exploit ha lasciato basiti gli altri gruppi d'opposizione.
Una "certa società"
E così ieri il capogruppo del pd Lorusso interviene, ancora basito, e ribadisce il suo "stupore" per la posizione assunta da Napoli.
Il pimpante Napoli, ripieno di sacro buonsensismo, per tutta risposta s'allarga fino a far sue le posizioni del pasadaran del graziosismo, Massimo Giovara: "Fin da quanto è arrivato Graziosi - sancisce il saggio Napoli - una 'certa società' gli si è subito schierata contro, non l'hanno lasciato lavorare".
Minchia, ce ne fosse uno, che lasciano lavorare. Torino è piena di umarèll che rompono i coglioni agli operai dei cantieri.
Ora: non so bene a quale "certa società" si riferisca Napoli: la Società del Gas? La Società a Responsabilità Limitata (e limitatissima)? La Società dei Magnaccioni? Le isole della Società? Non di sicuro la Società degli Occhi Foderati di Prosciutto. Diciamo che un certo sospetto e alcune riserve preventive che hanno accompagnato l'arrivo di Graziosi erano motivate da un curriculum e precedenti non precisamente entusiasmanti. Non era troppo lusinghiero neppure il giudizio dei cinquestelle di Jesi, ridente cittadina dove il Graziosi ha a lungo operato.
Ma non per questo mi stupisce lo stupore lorussiano. Ciò che sempre mi stupisce in questa città è la corta memoria.
Un graziosiano della prima ora
Osvaldo Napoli fu il primo ad esultare quando Chiarabella decise di piazzare il caro Graziosi come sovrintendente al Regio. Entusiasta, dichiarò che "si tratta di un professionista serio e di qualità e posso garantire che la sua non è sicuramente una nomina frutto di una logica di partito, quindi non c’è nulla che contraddica la sua nomina come sostengono i suoi detrattori".
Il buonsensista Napoli, deputato e consigliere comunale di Forza Italia, meglio informato di chiunque altro, poteva, beato lui, garantire che la nomina non era frutto di una logica di partito. Non certo del suo, comunque: il trascurabile particolare che tra i massimi estimatori di Graziosi ci fosse da tempo un altro berlusconiano di lungo corso, il compìto Gianni Letta, è, giustappunto, del tutto trascurabile. Napoli mica è il tipo di politicante che fa dichiarazioni a comando, secondando le volontà e le necessità dei capataz del suo partito.
P.S. Mi permetto - per inciso - di informare l'esuberante Napoli che "fake news" si pronuncia "fāk n(y)o͞oz" (all'italiana, in maniera semplificata: "feik nius") e non "fes neus" come dice regolarmente lui. Ma forse si riferisce non alle fake news, bensì a chi ci crede. In tal caso, "fes" mi pare una dizione azzeccata.
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