"Il Festival Jazz rinascerà più bello e più superbo che pria" |
Com'è noto, Narrazioni Jazz è - in buona sostanza - la prosecuzione con altro nome del defunto Torino Jazz Festival, sempre con la direzione di Stefano Zenni: prevede un tot concerti di cartello, con musicisti di valore internazionale, al Lingotto - forse cinque - durante il Salone del Libro, più iniziative su jazz e letteratura nell'ambito del Salone, e un programma di attività collaterali in città per una sorta di "Fringe in sedicesimo".
L'onere organizzativo è affidato alla Fondazione Cultura, che, immagino, provvederà anche a trovare gli sponsor per finanziare il progetto, così come accadeva per il Tjf. Insomma, spero che i soldi - che siano 400 mila euro o di meno - non li cacci il Comune, che tra l'altro non li ha e prepara un bilancio lacrime e sangue.
Ricadute e grandi eventi: tra Narrazioni e Festival, che differenza c'è?
Presentando Narrazioni Jazz, l'assessore alle Fontane (e ai Musei) Leon il 3 novembre scorso ha dichiarato: “Torino continua a investire sul jazz. Questo nuovo appuntamento rappresenta una grande opportunità: la città può riappropriarsi di questo lascito culturale elaborando un progetto inedito che tenga insieme il jazz e la scrittura, declinando questo incrocio creativo attraverso tutte le arti (cinema, fumetto, danza...). Sono molte le narrazioni possibili attorno al jazz, a partire dalla parola scritta che si fa spettacolo dal vivo, anima i locali, entra nei centri culturali e nelle biblioteche”.
A proposito del Torino Jazz Festival, l'assessore Leon aveva dichiarato, il 17 ottobre in Consiglio comunale: "Tra gli eventi citati dall’ex sindaco Fassino come rilevanti dal punto di vista turistico vi è il Jazz Festival. L’indagine sul pubblico realizzata dall’Osservatorio Culturale del Piemonte e mai comunicata all’esterno mette in luce la rilevanza locale dell’evento e una scarsa capacità di attrarre pubblico da fuori. La partecipazione è tra 75% e l’85% rappresentata da pubblico locale e solo il 18% dei partecipanti ha scelto di visitare Torino per il festival, determinando un ROI ("return on investiment", nella banale lingua di Dante il "ritorno economico dell'investimento", ovvero la famosa "ricaduta sul territorio", NdG) corrispondente alle spese per realizzarlo. La programmazione culturale, dunque, e gli eventi vanno letti alla luce dei risultati e non della propaganda per costruire una programmazione culturale che tenga conto di tutto ciò".
Dichiarazione che conferma quanto detto da Chiara Appendino quand'era all'opposizione, in un'intervista alla Stampa del 10 novembre 2015: "La prima cosa a cui penso è una cultura e un’idea di città aperta a chiunque abbia il talento. Non il Jazz Festival che dà 200 mila euro nella pura logica del grande evento". Madamin aveva ripetuto lo stesso concetto anche in altre occasioni, parlando di "grandi eventi che non portano ricadute sul territorio".
La dichiarazione di Appendino di un anno fa, e di Leon del 17 ottobre, devono ora essere reinterpretate alla luce della dichiarazione di Leon del 3 novembre, e dell'ipotesi - ripeto, da verificare - che su Narrazioni Jazz si preveda un investimento di 400 mila euro, beninteso coperti da sponsorizzazioni.
Tjf: quanto costava e chi pagava
Il palco del Tjf in piazza Castello (dal sito web del Comune) |
Per aiutarvi a capire, vi ricordo che il Torino Jazz Festival (durata dieci giorni, con 600 musicisti, ovviamente compresi quelli di Fringe) costava 800 mila euro pagati dagli sponsor, ai quali si aggiungevano 200 mila euro (scesi a 120 mila per l'edizione di quest'anno) sborsati direttamente dal Comune e destinati alla comunicazione e propaganda dell'evento: sono i "duecentomila euro" cui si riferiva Appendino nell'intervista alla Stampa.
A me quella spesa milionaria sembrava eccessiva rispetto ai risultati; tanto più perché sottraeva risorse (e soprattutto sponsor) ad altre degne iniziative preesistenti e in gravi difficoltà economiche. Tuttavia riconoscevo che, in cinque anni, il Tjf aveva compiuto un percorso interessante, riuscendo ad acquistare se non altro una sua fisionomia e dignità artistica.
In altre parole: pur mancando di un alto ROI (per parlare come l'assessore Leon) il Torino Jazz Festival era diventato un marchio abbastanza riconoscibile, Sicché era appetibile per gli sponsor: quest'anno c'erano privati "veri" (Toyota, Seat, Poste Italiane) e non soltanto i soliti Iren e fondazioni bancarie.
Ma dove vai se il ROI non ce l'hai?
Misure urgenti per alzare il ROI: il trombettista Roy Paci |
Ecco: a questo punto vorrei capire il criterio. Il trio Giordano sopprime il Torino Jazz Festival perché, mi pare, ha un basso ROI (questa sigla mi fa ridere: per alzare il ROI dite che basterebbe ingaggiare fisso Roy Paci?).
Ok, liberissimi. Ci sta.
Però poi "inventano" (sai che invenzione...) un festivalino dimezzato, gli cambiano il nome (rinunciando così a ciò che nel marketing si chiama brand, o anche più banalmente "avviamento") e lo "annegano" nel Salone del Libro.
Ok, liberissimi. Ci sta.
Però poi "inventano" (sai che invenzione...) un festivalino dimezzato, gli cambiano il nome (rinunciando così a ciò che nel marketing si chiama brand, o anche più banalmente "avviamento") e lo "annegano" nel Salone del Libro.
Ora, dubito che il richiamo delle due manifestazioni si sommi matematicamente: in genere la più visibile oscura l'altra. Vorrei capire a questo punto per quale ragione Narrazioni Jazz garantierebbe un ROI migliore del Torino Jazz Festival. In altre parole; se è vero, come rivela Leon e come da sempre penso anch'io, che il Torino Jazz Festival aveva "rilevanza locale e scarsa capacità di attrarre pubblico da fuori", perché Narrazioni Jazz dovrebbe per incanto ottenere rilevanza nazionale e attrarre pubblico da tutta Italia, e financo dall'estero? Già: perché? Perché se l'è inventato il SuperAs Giordana?
L'oscura magia di Narrazioni Jazz
No, sul serio, spiegatemelo voi: se non funziona, se non fa decollare il ROI, un festival di dieci giorni, con 600 musicisti - molti di qualità - e un budget che sfiora il milione, mi dite con quali magiche arti riuscirete a fare il botto con un festival più che dimezzato? Perché lo avete abbinato al Salone del Libro? Ma testina, che ragionamento è? Uno parte, poni, da Firenze per venire a Torino in quella settimana di maggio: ci viene perché vuole andare al Salone. Arriva, e trova pure Narrazioni Jazz; e magari va pure a un concerto. Oppure - ipotesi ben più irrealistica - parte sempre da Firenze per venire a sentire un concerto di Narrazioni Jazz: arriva, e già che c'è visita anche il Salone.
Ma l'idea che i pubblici del Salone e di Narrazioni Jazz si sommino in maniera significativa francamente mi pare ardita: soprattutto perché, lo ripeto, se non aveva un alto ROI il Torino Jazz Festival, non riesco a vedere un motivo al mondo per prevedere un'impennata del ROI di Narrazioni Jazz. Anzi, mediaticamente Narrazioni Jazz rischia di essere annichilito dalla contemporaneità con il Salone.
In altre parole: non è che negli stessi giorni di maggio, a Torino, ci saranno, poni, gli U2 e la finale di Champions, per cui mi puoi dire che i tifosi della Champions se ne fregano degli U2, e viceversa, e la città sarà invasa da due tipologie di pubblico differenti. No: in quei giorni a Torino c'è il Salone, e per questo ci viene la gente. Poi, magari, apprezzano di trovarci pure il jazz. Però ribadisco: se - come dite voi e come penso io - già prima non venivano per il jazz, non è che adesso, perché lo organizzate voi, le cose cambieranno e dal monte e dal piano torme di jazzomani caleranno su Torino per le imperdibili Narrazioni Jazz. Tra l'altro più sfigatelle del Torino Jazz Festival che già bellamente ignoravano.
Pagano gli sponsor. Speriamo
Enrico Rava suona durante la scorsa edizione del Torino Jazz Festival |
Aggiungo: se Narrazioni Jazz fosse gratis, ancora capirei. Ma ci investono dei soldi. Che siano 400 mila euro, o di meno, sempre soldi sono. Ok, li metteranno gli sponsor che la Fondazione Cultura di certo troverà a bizzeffe. Ma 'sti sponsor sono fessi? Voglio dire: dopo cinque anni di fatiche ed errori, il Torino Jazz Festival era riuscito a suscitare l'interesse di privati di peso, che ci avevano investito dei danari perché - immagino - a quel punto ritenevano averne un vantaggio (un alto ROI, direbbe Leon) in termini di visibilità. Siamo sicuri che Narrazioni Jazz avrà, sùbito, lo stesso appeal su questi o altri potenziali sponsor? E se poi finirà che i soldi li mettono i soliti Iren e fondazioni bancarie - sottraendoli ad altre, preesistenti e meritevoli iniziative in difficoltà economiche - cosa verrete a raccontarmi?
Sbaglio qualcosa? Spiegatemi, io sono qui
Ecco, io detesto passare per disfattista. E non ho pregiudizi. Solo perplessità. Se qualcuno del trio Giordano, anziché piantarmi le mutrie, volesse alzare il telefono e spiegarmi perché io sbaglio e loro sono nel giusto, non sarei soltanto felice. Sarei felicissimo. E riporterei le loro spiegazioni con l'accuratezza e l'onestà che persino loro devono riconoscermi.
In fondo non ci sarebbe nulla di strano se io non avessi capito niente e loro avessero capito tutto. Loro sono molto più intelligenti e infatti fanno i sindaci e gli assessori. Io sono soltanto un povero scemo. E infatti faccio il giornalista e il contribuente.
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